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Caricamento Pagina: Le best practice per vendere online - Il blog della Insight Adv Ltd - Insight adv - creative solutions

7 minuti di lettura (1454 parole)

Le best practice per vendere online

E-commerce, internet online shopping and delivery concept. Household kitchen appliances and home technics in boxes. 3d illustration

Improvvisare non è mai un’opzione nelle vendite, soprattutto in quelle online. Non basta creare il proprio canale o affidarsi a un marketplace per attirare l’attenzione dei consumatori. Ecco il motivo per cui abbiamo preparato 6 consigli per le aziende che considerano per la prima volta la possibilità di rivolgersi al digitale, oppure che lo usino, ma vogliono migliorare.

Lo abbiamo riscontrato dall’inizio dell’emergenza sanitaria: dapprima temuto e a volte sottostimato, il settore digitale ha saputo dimostrare il proprio valore strategico, assicurandosi la posizione di “canale prioritario” per la crescita di ciascun business aziendale.

Uno studio recente sul ruolo e il contributo dell’e-commerce e del digital retail alla crescita dell’Italia , ne costituisce un’ulteriore riprova. Ad oggi il commercio online rappresenta il primo driver di crescita dell’economia italiana e un vero e proprio moltiplicatore di posti di lavoro per il nostro Paese.

La survey condotta nello studio ha dimostrato che, per ogni 100 euro investiti nella filiera estesa dell’e-commerce e del digital retail in Italia, se ne generano ulteriori 148 nel resto dell’economia e che, per ogni 100 unità di lavoro generate in modo diretto dalle attività del commercio online, se ne attivino ulteriori 141 per impatto indotto e indiretto.

Evidenze, queste, che rassicurano le imprese che già presiedono il canale digitale, e che incentivano le restanti a fare del proprio meglio per non sprecare questa opportunità. È tuttavia sufficiente “esserci”, creare un proprio e-commerce, o affidarsi a marketplace già esistenti, per raggiungere automaticamente i tanto millantati risultati?

La floridità del settore non è sinonimo di successo assicurato e l’improvvisazione non è una strada percorribile. Finora sono più di un centinaio i marketplace per brand e retailer, ciascuno con proprie regole, requisiti, utenti e prodotti a disposizione. A fronte di un contesto così ampio e variegato, attirare l’attenzione dei consumatori diventa un compito estremamente arduo, raggiungibile soltanto attraverso un’attenta analisi e la definizione di una strategia mirata.

In quest’ottica, a tutte le aziende che contemplano per la prima volta la possibilità di rivolgersi al settore digitale, oppure che lo utilizzino, ma che desiderino implementarne la strategia, rivolgo sei consigli, sei best practices da adottare per vendere online.

Investire nella formazione delle proprie risorse

I dati DESI (Indice dell’economia e della società digitale) 2022 offrono uno spunto di riflessione: l’Italia registra competenze digitali di base e avanzate ancora molto basse, se paragonate alla media europea. Nel nostro paese, la percentuale di piccole e medie imprese che contemplano la vendita online nel proprio piano di business si attesta attorno al 13%, rispetto a una media europea del 18%.

In generale, la trasformazione digitale che abbiamo riscontrato dall’inizio della pandemia rimane limitata a specifici servizi e strumenti operativi, faticando a decollare verso una revisione strategica dei processi: a mancare è in primo luogo una visione d’insieme, con il 43% di imprenditori che mostra ancora delle resistenze nell’approccio al digitale. Conseguenza di ciò? Il gap digitale che ci separa dai nostri cugini europei si traduce necessariamente in un gap di competitività: a detta di Agenzia ICE, infatti, la vendita online diretta delle nostre PMI sui mercati esteri rappresenta ancora percentuali minime intorno al 5%. Pensando agli oltre due miliardi di potenziali clienti online, è chiaro che possiamo e dobbiamo fare molto di più. Ma come? È necessario investire nella formazione di potenziali risorse da impiegare nel settore dell’e-commerce e del digital retail per compiere quell’imprescindibile salto che permetta alle aziende italiane di rivolgersi a un pubblico internazionale.

Instaurare un rapporto diretto con la propria clientela

Costruire un solido e diretto rapporto con i consumatori, fidelizzandoli affinché continuino a scegliere il proprio brand è un elemento chiave. A beneficiarne non saranno soltanto i ricavi dell’azienda, ma anche la sua reputazione. Basti pensare che circa il 54% dei consumatori prende decisioni non in base al prezzo del prodotto, ma alla trasparenza e alla ricchezza di dettagli con cui sono riportate le informazioni sul dato articolo, al servizio clienti – inteso come assistenza e servizi di reso che l’azienda è in grado di garantire al consumatore – e all’immagine che le recensioni restituiscono di un dato marchio. Sotto questo aspetto, adoperare le più recenti tecnologie, dai chatbot alla possibilità di offrire assistenza tramite whatsapp, si dimostra una carta vincente. Il modo in cui si gestisce la relazione con un singolo consumatore, rispondendo prontamente a esigenze specifiche o eventuali criticità potrà avere un impatto e influenzare positivamente le decisioni di acquisto di migliaia di altri potenziali clienti.

Fornire un’offerta personalizzata a un cliente sempre più esigente

Di fronte a un consumatore sempre più esigente e attento, che è disposto a impiegare una crescente quantità di tempo per mirate ricerche online, suggerisco alle aziende di rispondere offrendo un’offerta e una proposta personalizzata. L’abbandono dei cookie non si traduce in una rinuncia alla profilazione del consumatore e alla personalizzazione del marketing digitale, a patto che si adotti una strategia omnicanale per entrare in contatto e instaurare rapporti diretti con i clienti. Si tratta di passare da una strategia basata sui third-party data a una in cui i first-party data siano centrali. Questo è possibile solamente sfruttando ogni punto di contatto del customer journey del cliente, avvalendosi dei nuovi canali digitali e investendo in strumenti tecnologicamente innovativi che permettono di raccogliere e clusterizzare i dati. Ogni touchpoint deve essere concepito come uno strumento di marketing e, di conseguenza, curato, per accompagnare il consumatore in tutti gli aspetti del suo percorso di acquisto. In questo contesto, il marketing deve dare una risposta puntuale, pronta e personalizzata, ottimizzando gli investimenti di comunicazione con strumenti sempre più sofisticati e flessibili, che possano venire incontro alle esigenze di un settore in rapida evoluzione.

Ricorrere a una strategia multicanale

Se da un lato è importante avere contezza del proprio target di riferimento, dei suoi gusti, abitudini e attitudini, dall’altro è fondamentale conoscere le infinite possibilità attraverso cui raggiungerlo: sviluppare un proprio e-commerce, intensificare la propria presenza sui social, offrire un’offerta che sia mobile responsive e, non ultimo, conoscere le specificità di ciascun marketplace presidiando diverse piattaforme, per progettare offerte ibride e multicanale, che integrino la dimensione fisica a quella digitale.

Già dal periodo pandemico si è consolidata la necessità di costruire una strategia che preveda un connubio tra canali online e punti vendita fisici: appena possibile i clienti sono tornati nei punti vendita alla ricerca di una shopping experience reale, dopo, tuttavia, un primo passaggio online, verificando la disponibilità di un prodotto attraverso l’app o eseguendo una ricerca sul sito web del rivenditore. In questo senso la Moda è già tra settori più avanzati, con il 40% dei consumatori che acquista in modo ibrido; al contrario, la tendenza trova maggiori difficoltà ad affermarsi per i beni di largo consumo, acquistati dal 75% degli italiani nei negozi fisici. Categoria, quest’ultima, a cui negli anni a venire sarà sicuramente richiesta maggiore propensione al cambiamento.

Generazione Z: un target da cui cogliere spunti

Oggi la Generazione Z è un target chiave e lo sarà per i prossimi 20 anni. La fascia d’età 13-28 anni non percepisce confini tra offline e online: cerca prodotti sul web ma usa il passaparola per decidere cosa acquistare e sente l’esigenza di recarsi in un punto vendita fisico, dove si aspetta esperienze avanzate e su misura.

Si tratta di una generazione mobile first, che migra sulle piattaforme in cui trova più privacy e linguaggi nuovi, più veloci. Un target multimediale, per il quale il parere e il consiglio di un content creator acquista lo stesso valore del suggerimento di un amico. È per questo motivo che a tutte le realtà, dalle imprese produttrici, agli intermediari, fino alle aziende distributrici, suggerisco di rivedere il loro modo di fare impresa e le loro relazioni lungo la filiera, mettendo in discussione le attuali logiche produttive, commerciali e di operation. Le aziende che otterranno maggiori benefici saranno quelle in grado di coniugare le nuove richieste della domanda con un rinnovato modo di erogare l’offerta, facendo leva sulle tecnologie più promettenti.

Adottare un mindset sostenibile

Anche per il 2023, l’attenzione dei clienti agli aspetti ambientali sarà in continua crescita. Di riflesso, suggerisco alle imprese che non lo avessero già fatto di adottare la sostenibilità nel proprio universo valoriale e di declinare questa sensibilità sia nelle scelte legate alla progettazione del prodotto, sia nei processi di consegna e imballaggio. Per il consumatore finale acquistare un articolo protetto da un imballaggio riciclabile, riutilizzabile o facilmente smaltibile è specchio di una particolare cura del venditore.

Nell’eCommerce, dunque, l’imballaggio costituisce un’opportunità per comunicare con i clienti e consolidare la percezione del brand, ma può ovviamente diventare anche un’arma a doppio taglio, se trascurato. Considerata, poi, l’importanza del reso per i consumatori, il packaging diventa un elemento cruciale del processo laddove sia possibile utilizzare lo stesso imballaggio per restituire il prodotto.

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